Le reti idriche italiane perdono il 35% dell'acqua che trasportano

A lanciare l'allarme il Consiglio Nazionale dei Geologi che, per bocca del presidente Gian Vito Graziano, ha cercato di tracciare un quadro sullo stato di salute delle infrastrutture del nostro Paese. Analisi per molti versi negativa, con tutto quello che ne consegue sullo spreco della preziosa risorsa e la tutela dell'ambiente e del territorio...

Per il recupero delle infrastrutture occorrerebbero 66 miliardi di euro in 30 anni

 

MILANO – Qual e’ lo stato di salute delle nostre reti idriche? Quali sono gli usi della risorsa acqua in relazione alla sua disponibilita’? Quanto una cattiva gestione incide sulla salvaguardia del territorio? A rispondere a queste domande e’, in un documento ufficiale del Consiglio Nazionale dei Geologi, il presidente dell’associazione Gian Vito Graziano, che ha descritto lo stato dell’arte a proposito dell’uso poco responsabile dell’acqua e dei provvedimenti che si potrebbero e dovrebbero assumere.

INADEGUATEZZA E ARRETRATEZZA - I dati relativi alle perdite d’acqua che subiscono le reti idriche sono alquanto negativi. Spiega Graziano: “L’arretratezza e l’inadeguatezza delle infrastrutture idriche nazionali sono confermate dai dati: le perdite di rete sono in media superiori al 35%, la rete fognaria ancora non serve il 15% degli italiani, il depuratori risultano mal gestiti, inadeguati o addirittura inesistenti per un italiano su 3, l’acqua esce a singhiozzo dai rubinetti, soprattutto a sud ,e circa il 35% dei corpi idrici di superficie non raggiunge gli standard di qualita’ ambientale. Tutto cio’ in un contesto complessivo di disponibilita’ idrica nazionale pari a 52 miliardi di metri cubi d’acqua, di cui circa l’80% e’ effettivamente utilizzata. Di questa quota, il 50% e’ impiegato in agricoltura, il 15-20% per uso domestico e il 30-35% per uso energetico/industriale”.

GLI INVESTIMENTI - Per invertire questo trend negativo occorrerebbero importanti investimenti che, oltre a produrre effetti positivi per la salute del territorio andrebbero a vantaggio anche dell’occupazione. Afferma infatti Graziano:“C’e’ la necessita’ di reperire le risorse finanziarie stimate per acquedotti, infrastrutture fognarie e depurative in 66 miliardi di euro in 30 anni, con un effetto occupazionale stimabile tra 150 mila e 200 mila addetti. Intanto si dovrebbero utilizzare velocemente i finanziamenti resi gia’ disponibili, cercando di colmare progressivamente il generale deficit infrastrutturale in cui versa il Paese e quello altrettanto grave che vede il Sud molto indietro per acquedotti e depurazione”.

I FONDI – Le risorse, secondo i geologi, si possono reperire nei Fondi strutturali 2014-2020, introducendo laddove possibile anche dei meccanismi di premialita’ per l’attribuzione delle risorse stesse, quali il miglioramento dell’uso dell’acqua nelle pratiche agricole, con forme di riutilizzo delle acque, la costruzione di piccoli invasi, la prevenzione degli sprechi, il recupero dell’energia termica dall’acqua depurata.

aggiornato l'11 novembre 2013