L'antico retaggio culturale dell'inesauribilità della risorsa idrica

Marco Petitta, professore associato di "Idrogeologia" all'Università La Sapienza di Roma, spiega la risorsa idrica nel suo rapporto con la pressione antropica, esercitata dall'uomo e dalle sue attività, e la salvaguardia dell'ambiente e del territorio. Un rapporto che fa emergere l'errata percezione dell'uomo sull'inesauribilità della risorsa acqua...

Il recupero, gestione e l’utilizzazione ottimale delle acque sotterranee passa da una maggiore attenzione al risparmio idrico

MILANO - La risorsa acqua nel suo rapporto con l’uomo e la salvaguardia ambientale. E’ quanto ha spiegato Marco Petitta, docente di Idrogeologia all’Università La Sapienza di Roma, analizzando come viene ‘trattato’ dall’uomo il patrimonio idrico che ha a disposizione, alla luce delle attività che svolge e della sensibilità culturale che dimostra nel suo rapporto con il prezioso bene. Sensibilità poco affinata per via di un antico retaggio culturale che porta erroneamente a considerare la risorsa idrica inesauribile.

LA PRESSIONE ANTROPICA - Si tratta del grado di incidenza dell’uomo e delle sue attività in un determinato ambiente.Spiega Marco Petitta: “La pressione antropica può essere di due tipi, ovvero quantitativa e qualitativa. Nel primo caso dipende dal grado di utilizzo della risorsa idrica, cioè quanto l’uomo ne fa uso. La pressione antropica qualitativa, invece, ha a che fare in modo diretto con le conseguenze delle azioni pratiche dell’uomo sulle dinamiche idrogeologiche”. Fino a 30 anni fa, sottolinea il docente, la pressione antropica qualitativa era meno apprezzabile di quella attuale, poiché poche erano le aree urbanizzate e, di conseguenza, l’impatto ambientale delle attività umane erano più contenute. Prosegue Petitta: “Gli interventi più importanti della pressione antropica qualitativa sono riconducibili alle attività industriali, alle attività agricole contraddistinte dall’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi e leattività civili come le messe a scarico di acque reflue”.

LA SALVAGUARDIA AMBIENTALE - Va da sé che saper gestire la risorsa acqua significa andare incontro a un maggior rispetto dell’ambiente e del territorio per renderla, allo stesso tempo, accessibile e disponibile alle futuregenerazioni. Su tale argomento si è ampiamente discusso nell’edizione 2011 del forum “Fino all’ultima goccia” realizzato dal Consiglio Nazionale dei Geologi. In relazione alla salvaguardia ambientale correlata all’utilizzo e alla gestione delle acque sotterranee il professor Petitta fa riferimento a un modello specifico: “Ad oggi esiste un metodo nella gestione idrica che consente di ridurre l’impatto sull’ecosistema chiamato Metodo del Deflusso Minimo Vitale. Tale tecnica – prosegue Petitta – oggi viene sperimentata solo sui corsi d’acqua superficiali, dove alti sono i rischi di alterazioni del regime idrologico derivanti dalle deviazioni dei corsi d’acqua. Per questo è necessaria una gestione della risorsa idrica ottimale e che salvaguardi le componenti biotiche presenti sul territorio”.

RETAGGIO CULTURALE - Con il tempo, nel nostro Paese, si è diffusa l’errata percezione che l’acqua sia un bene inesauribile. Questa credenza è dovuta alla differente condizione dell’Italia rispetto agli altri Paesi più poveri, dovel’acqua è considerata un bene prezioso per motivi contingenti quali l’aridità dei territori e l’effettiva scarsità di fonti e sorgenti. Spiega il professor Petitta: “L’Italia è una nazione ricca d’acqua e questo ha portato a sviluppare nel tempo la percezione che questo bene sia sempre disponibile, a costo zero e inesauribile. Per questo siamo culturalmente impreparati a pensare che l’acqua sia un bene prezioso e da preservare”. Se poi si prendono in considerazione i cambiamenti climatici che stanno incidendo in maniera importante sui ghiacciai, emerge quanto sia necessaria la nascita di una nuova cultura che sappia valorizzare la risorsa acqua.

aggiornato il 7 marzo 2013