La storia dei pianeti ricostruita grazie all’acqua

Alcuni ricercatori stanno esaminando la forma solida cristallina dell'acqua per capire come si sono evoluti pianeti, satelliti e, persino, comete

MILANO – L'acqua non sempre si presenta nelle forme che conosciamo su altri corpi del Sistema Solare. Oltre allo stato gassoso, liquido o solido, l’acqua può formare un diverso tipo di solido cristallino chiamato clatrato idrato. Uno studio* dell'Università di Okayama, in Giappone, ha analizzato il ruolo che i clatrati idrati svolgono nell'evoluzione delle atmosfere planetarie o satellitari per ricostruire l’evoluzione dei corpi celesti appartenenti al sistema solare.

Gli idrati di clatrato

Apparentemente simili al ghiaccio, gli idrati di clatrato sono in realtà formati da piccole gabbie a base d'acqua in cui sono intrappolate molecole più piccole. Queste molecole "ospiti" sono essenziali per preservare la struttura cristallina degli idrati di clatrato che, altrimenti, "collasserebbero" in ghiaccio o acqua. Gli idrati di clatrato svolgono un ruolo cruciale nell'evoluzione dell'atmosfera di un pianeta o di un satellite: i gas volatili come il metano vengono immagazzinati in questi cristalli e rilasciati lentamente su scale temporali geologiche. A causa dell'enorme quantità di tempo necessaria affinché gli idrati di clatrato si formino e si dissocino a temperature criogeniche, è stato molto difficile condurre esperimenti sulla Terra.

Lo studio

Come hanno fatto gli scienziati ad accedere a quest'acqua celeste? La risposta è che purtroppo non l'hanno fatto: è molto difficile condurre esperimenti in contemporanea su così tanti idrati di clatrato presenti su più pianeti. L’analisi degli scienziati si è dunque basata su una combinazione di dati teorici e sperimentali. Il team ha riadattato il modello di coesistenza acqua / idrato / ospite nei clatrati idrati proposto da van der Waals e Platteeuw nel 1959, per estenderlo alle condizioni criogeniche che si trovano al di fuori della Terra e confermare la sua validità sulla base dei dati termodinamici raccolti dalle sonde spaziali. Il modello di van der Waals e Platteeuw (VdWP) permette di prevedere le proprietà termodinamiche macroscopiche (quali temperatura, pressione, volume, ecc.) a partire da un’elaborazione statistica dei parametri microscopici che definiscono il sistema; di prevedere correttamente la struttura degli idrati al variare della dimensione delle molecole ospiti, nonché le condizioni termodinamiche di stabilità degli idrati con errori inferiori a 1 °C.

Il risultato

Gli scienziati hanno, quindi, utilizzato questa nuova teoria per analizzare gli stati dell'acqua sulla luna di Saturno Titano, sulle lune di Giove Europa e Ganimede e su Plutone. Secondo il loro modello, c'è una notevole differenza tra le forme stabili dell'acqua che si trovano su questi corpi celesti. Mentre Europa e Ganimede contengono solo ghiaccio classico a contatto con la sottile atmosfera, tutta l'acqua sulla superficie di Titano, e probabilmente anche su Plutone, è sotto forma di idrati di clatrato.

Questa nuova ricerca permetterà di elaborare altre teorie e rivedere le attuali interpretazioni sulle forme stabili dell'acqua nello spazio esterno e sui corpi celesti, migliorando la comprensione dell'evoluzione delle atmosfere planetarie. Ciò renderà più facile analizzare i pianeti nel nostro Universo.

Di Rossella Digiacomo

Bibliografia:

* On the Occurrence of Clathrate Hydrates in Extreme Conditions: Dissociation Pressures and Occupancies at Cryogenic Temperatures with Application to Planetary Systems; The Planetary Science Journal, 2020.