Solar Space Power Project: l’energia solare arriva dallo spazio

Solar Space Power Project: l’energia solare arriva dallo spazio

L’energia solare potrebbe essere raccolta nello spazio e irradiata sulla Terra grazie allo Space Solar Power Project

MILANO – Il California Institute of Technology sta lavorando a una nuova tecnologia, definita Maple, che consentirebbe di raccogliere l’energia dallo spazio e di trasmetterla in modalità wireless sulla Terra. Ma come funziona nello specifico e quale contributo apporterebbe?

Space Solar Power Project: di cosa si tratta?

È fresca di poche settimane fa la notizia della scoperta, da parte del California Institute of Technology, della possibilità di produrre un prototipo di energia solare spaziale che comporta la raccolta nello spazio e la seguente trasmissione alla superficie terrestre. La tecnologia specifica implementata, parte di un progetto più ampio chiamato Space Solar Power Project, è la Microwave Array for Power-transfer Low-orbit Experiment.

Nello specifico, grazie a una serie di trasmettitori - costruiti con chip elettronici personalizzati - di energia a micro-onde flessibili e leggere, è possibile implementare un sistema di trasmissione di energia verso le posizioni desiderate. Tuttavia, particolare attenzione deve essere posta nei confronti del peso e della flessibilità di questi trasmettitori di energia, affinché il loro invio nello spazio non impieghi un utilizzo eccessivo di carburante. Il Maple consente così di raccogliere l’energia prodotta dalla luce solare e convertirla in energia a radiofrequenza, inviandola in seguito sulla Terra sotto forma di micro-onde non nocive.

L’interferenza: il fenomeno quantistico alla base della tecnologia Maple

Come spiegato dal professore di ingegneria elettrica al Caltech Hajimiri, questa tecnologia si basa sul fenomeno quantistico dell’interferenza dovuto alla natura ondulatoria della luce. Se due onde luminose sono in fase e quindi si sovrappongono in maniera allineata, creando un picco maggiore che è il risultate della somma dei singoli picchi, allora si parla di interferenza costruttiva. Se, al contrario, le onde si sovrappongono in maniera disallineata, il picco di una incontra l’avvallamento della seconda, annullandosi a vicenda – l’interferenza distruttiva per intendersi.

"Se si dispone di più sorgenti che operano di concerto, nella stessa fase, si può effettivamente dirigere l'energia in una direzione, quindi tutte le sorgenti si aggiungeranno solo in una direzione e si annulleranno in tutte le altre", ha detto Hajimiri. "Allo stesso modo in cui una lente d'ingrandimento può focalizzare la luce in un piccolo punto, si può controllare la tempistica in modo da concentrare tutta l'energia in un'area più piccola di quella di partenza".

Un passo avanti verso la transizione ecologica?

Nonostante i numerosi aspetti ancora da controllare e da mettere a posto, l’implementazione di questo prototipo potrebbe, in futuro, rappresentare un grosso passo avanti verso forme di energia rinnovabili più sostenibili ed efficienti. Il principale punto di forza, a rigor di logica, sembra essere l’assicurazione di un accesso diretto alla fonte di energia solare, costantemente disponibile in quanto non soggetta al ciclo del giorno e della notte e alle condizioni climatiche. Anche in termini di efficienza energetica sembra presentare numerosi vantaggi, primo tra tutti il fatto di avere una capacità di produzione di energia 8 volte superiore rispetto ai tradizionali pannelli solari.

"Per quanto ne sappiamo, nessuno ha mai dimostrato il trasferimento di energia wireless nello spazio, nemmeno con costose strutture rigide. Noi lo stiamo facendo con strutture leggere e flessibili e con i nostri circuiti integrati. È una novità assoluta", ha dichiarato il dottor Hajimiri.

Di Elena Parodi

READ MORE