Larvalbot, il robot che salverà le barriere coralline di tutti gli oceani

Il macchinario, una sorta di drone subacqueo, si muove sui fondali marini rilasciando larve di coralli, con il compito di ripopolare gli habitat

MILANO – Da quella in Florida ad un’altra delle isole Bahamas, passando per quella del Queensland, una “foresta sottomarina” che si estende per oltre 2 chilometri e composta da circa 3 mila reef e 600 isole continentali. La barriera corallina, a causa del calore, è sempre più a rischio in quanto il corallo sta subendo il così detto fenomeno del “bleaching”, ovvero dello sbiancamento, a causa della mancanza della sua unica fonte di cibo, costituita dagli scarti derivanti dal processo di fotosintesi delle micro-alghe che compongono la sua struttura.

Una soluzione per salvare le barriere oralline arriva dal centro di ricerca della Southern Cross University

I biologi marini, così, hanno iniziato a capire se ci fossero delle possibilità per porre rimedio a questo preoccupante fenomeno e una prima soluzione è arrivata dal Marine Ecology Research Center della Southern Cross University. Il progetto, ancora in fase sperimentale, prevede che Larvarlbot, un drone subacqueo che si muove in maniera indipendente lungo il fondale marino, rilasci delle piccole larve di corallo che hanno il compito di ripopolare gli habitat della barriera.

Che cosa è avvenuto finora con il progetto Larvalbot?

Il progetto, ancora in corso, non ha al momento prodotto risultati finali ma si sa che l’operazione ha riguardato il Vlasoff Reef, facente parte della Grande Barriera corallina australiana, dove il Larvalbot ha rilasciato una quantità di piccole larve pari a 100 mila unità. Ciò che gli esperti auspicano è che i piccoli nuovi coralli nati da organismi più resistenti, una volta divenuti adulti, ricreino un habitat che riesca a sopportare il calore. Se i risvolti alla fine dovessero essere positivi, l’intenzione sarebbe quella di popolare gli ambienti subacquei, in cui è presente la barriera corallina, con una schiera numerosa di Larvalbot, che agiscano in coordinazione per accelerare la rivitalizzazione di questi habitat, a partire dall’Australia. Il trapianto di nuovi coralli, inoltre, potrebbe essere una “nuova frontiera” per curare uno dei beni più preziosi al mondo: si potrebbero infatti recuperare centinaia di specie di coralli che in natura non esistono più.

di Michael Dones

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