Valerio Braschi: l’importanza dell’acqua come ingrediente e abbinamento in cucina

Valerio Braschi: l’importanza dell’acqua come ingrediente e abbinamento in cucina

Lo chef racconta il suo approccio alla cucina come esperienza sensoriale, l’importanza delle materie prime e il ruolo sorprendente dell’acqua tra ingredienti e abbinamenti.

MILANO - Valerio Braschi, vincitore della sesta edizione di MasterChef Italia e tra i più giovani talenti della ristorazione italiana, si distingue per un approccio alla cucina audace, creativo e profondamente consapevole. In questa intervista racconta come l’ispirazione nasca dalla qualità degli ingredienti e da un costante dialogo con la natura, rivelando il ruolo centrale dell’acqua non solo come accompagnamento, ma anche come ingrediente capace di esaltare sapori, texture e narrazione. Braschi spiega l’importanza di educare i clienti a una maggiore attenzione e sensibilità verso ogni elemento del piatto, acqua inclusa, e invita a vivere la cucina come un’esperienza che lascia il segno anche fuori dal ristorante.

  

Ciao Valerio, la tua cucina è sempre sorprendente, audace e fuori dagli schemi. Come definiresti oggi il tuo approccio creativo e cosa guida le tue scelte in cucina? 

Le mie scelte in cucina sono guidate da due elementi fondamentali, profondamente intrecciati tra loro: l’ispirazione e la qualità delle materie prime. Credo fermamente che ogni grande piatto nasca da ingredienti eccellenti — e con “eccellenti” non intendo necessariamente costosi o ricercati, ma genuini, freschi e soprattutto conosciuti a fondo, in ogni loro caratteristica, origine e stagionalità. È proprio da questi ingredienti che nasce l’ispirazione: li osservo, li assaggio, li immagino trasformati. La mia creatività si accende così, in un dialogo continuo tra ciò che la natura offre e ciò che io posso raccontare attraverso un piatto. A completare tutto questo c’è un ingrediente per me imprescindibile: il divertimento. Cucino per passione, e ogni piatto che creo deve riuscire a divertirmi, a stimolarmi, a sorprendermi ogni volta che lo preparo. Solo così posso sentirmi davvero fiero del mio lavoro, e trasmettere agli altri non solo un sapore, ma anche un’emozione

  

La carta delle acque è una proposta rara nei ristoranti italiani. In passato hai affermato che “la scelta dell’acqua cambia l’esperienza di un piatto”: cosa significa concretamente? Come si costruisce un abbinamento tra piatto e acqua, e quali elementi prendi in considerazione per trovare quello ideale? 

Così come il vino evolve e si distingue in mille sfumature, anche l’acqua possiede una propria identità, mutevole e sorprendentemente complessa. Eppure, siamo spesso portati a sottovalutarla, ripetendo con leggerezza che “l’acqua è acqua”. In realtà, inconsapevolmente, molti di noi compiono già delle scelte precise: a casa, al supermercato, selezioniamo sempre la stessa marca, quella che ci convince di più, quella che “sa di buono”. 

Perché sì, lo sentiamo: non tutte le acque sono uguali. Ogni acqua ha una sua struttura e quindi, proprio come accade con il vino, anche il gusto dell’acqua può esaltare — o attenuare — le caratteristiche di un piatto. L’abbinamento tra cibo e acqua è un territorio ancora poco esplorato, ma ricco di potenzialità. Per questo credo sia importante iniziare a sviluppare una maggiore consapevolezza: riconoscere che l’acqua non è solo un accompagnamento neutro, ma può essere parte integrante dell’esperienza gastronomica

  

L’acqua, in cucina, non è solo un accompagnamento ma anche un ingrediente a tutti gli effetti. Come la utilizzi nei tuoi piatti per esaltare sapori, texture o temperature? 

In cucina, l’acqua è spesso sottovalutata, eppure rappresenta un ingrediente fondamentale, capace di trasformare profondamente un piatto. Utilizzare l’acqua al posto di liquidi più grassi come latte, panna o olio, consente di alleggerire le preparazioni senza compromettere — anzi, spesso esaltando — il gusto autentico degli ingredienti. Prendiamo, ad esempio, una semplice crema di verdure: cuocere gli ortaggi in acqua, piuttosto che in brodi ricchi, permette di mettere al centro la loro vera essenza. I sapori emergono in modo più netto, la consistenza si fa più vellutata, e il risultato finale è un piatto più delicato ma al tempo stesso intenso, profondo, sincero. L’acqua, in questo senso, diventa un veicolo neutro ma rivelatore: non sovrasta, non copre, ma accompagna ed esalta

  

Il tuo menu è spesso un’esperienza sensoriale e narrativa. Quanto è importante, secondo te, educare chi si siede a tavola a prestare attenzione anche a ciò che spesso si dà per scontato, come un bicchiere d’acqua? 

Credo che la nostra cucina non debba semplicemente saziare: deve lasciare qualcosa di più profondo, un'emozione, uno spunto, magari persino una piccola rivoluzione nel modo di pensare al cibo. Quando scelgo un ristorante, non cerco solo il gusto: vado alla ricerca di esperienze che mi insegnino qualcosa, che mi aprano nuove prospettive, anche e soprattutto sulle materie prime. Scoprire nuovi ingredienti, capirne l’origine, apprendere modi diversi di trattarli e valorizzarli: questa, per me, è la vera scuola. È un percorso continuo di crescita, di ricerca, di curiosità.

 Il nostro mestiere non si limita a “cucinare bene”. Abbiamo di conseguenza il compito — e forse anche il privilegio — di educare. Educare al gusto, alla qualità, alla consapevolezza. Far capire che scegliere bene non significa necessariamente spendere di più, ma scegliere con intelligenza e attenzione. Anche a casa, tutti possiamo fare scelte di qualità: usare verdure di stagione, prediligere cotture semplici, rispettare il prodotto. Questo vale anche per l’acqua. Spesso dimenticata, l’acqua ha un ruolo fondamentale nell’equilibrio di un pasto, e merita la stessa attenzione che riserviamo al vino o agli altri ingredienti.

Quando un cliente esce dal nostro ristorante, non vorrei che portasse via solo il ricordo di un buon piatto. Vorrei che portasse via un’idea, uno stimolo, una nuova abitudine. Se siamo riusciti a trasmettere qualcosa che possa entrare nella sua quotidianità, allora abbiamo lasciato un segno vero. E questo, per me, è il senso più profondo del nostro lavoro.

Di Martina Invernizzi

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