Oceano Artico: aumentano i rischi di inquinamento

Oceano Artico: aumentano i rischi di inquinamento

Ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution del Massachussets hanno verificato per l'Oceano Artico aumenta il rischio inquinamento

MILANO – L’acqua dell’Artico non è più la stessa. Con lo scioglimento del permafrost, terreno tipico delle regioni dell’estremo Nord Europa caratterizzato da superfici perennemente ghiacciate, sono in costante aumento sostanze come radio-228, carbonio e sedimenti di varia natura, che alterano la composizione dell’acqua con possibili rischi per la varietà e presenza di specie animali e vegetali.

A verificarlo sono stati i ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution del Massachussets, in un lavoro pubblicato su Science Advances.

Nelle acque artiche si riversa non solo lo scioglimento del permafrost, ma anche gli scarichi dei fiumi e l’erosione della costa, che a loro volta cambiano in risposta al rapido aumento delle temperature.

Lo studio

Per capire però l’impatto dei sedimenti rilasciati nell’acqua dalla calotta artica, i ricercatori guidati da Lauren Kipp hanno misurato la distribuzione degli isotopi di radio (elemento chimico che lascia un’impronta unica nelle acque marine) nei campioni di acqua prelevati da 69 stazioni, dal Chukchi Shelf al Polo Nord e successivamente li hanno confrontati con quelli studiati nel 2007 da un altro gruppo di ricercatori.

In questo modo hanno potuto constatare il rapido incremento di radio-228 sulla superficie dell’acqua, oltre ad una crescita consistente di nutrienti, carbonio e tracce di metallo, che possono essere una potenziale minaccia per la biodiversità marina.

Secondo i ricercatori è quindi opportuno continuare a monitorare il rilascio di sostanze nelle acque di superficie dell’oceano Artico, per comprendere come il cambiamento climatico ne influenzerà la chimica e biologia in futuro.

Il caso italiano

Anche nel nostro Paese il problema dello scioglimento dei ghiacciai sta diventando sempre più importante.

Un team di ricercatori dell’Università di Milano è attualmente impegnato, in Alta Valtellina, nel progetto Levissima Spedizione Ghiacciai.

L’obiettivo è studiare la fusione glaciale con le migliori attrezzature di rilevamento aereo; l’occhio tecnologico di un satellite NASA per acquisire immagini ad altissima risoluzione e una stazione meteorologica all’avanguardia che acquisisce dati energetici. 

di Salvatore Galeone

8 febbraio 2018

credits: fotolia

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