La dieta dei Climavore: cosa significa mangiare a basso impatto climatico

La dieta dei Climavore: cosa significa mangiare a basso impatto climatico

Scopriamo in cosa consiste questo ultimo trend alimentare che concilia cibo salutare e basso impatto climatico

MILANO – Tra tutte le iniziative portate avanti a favore della sostenibilità ambientale, interessante è la scelta di chi decide di definirsi un “climavore” o climatariano nelle abitudini alimentari.  Un climavore rende parte della sua dieta solo prodotti che abbiano un basso impatto climatico.

Essere climavore o climatariani corrisponde all’essere vegani o vegetariani? Non necessariamente. Questa tipologia di dieta non è legata al consumo di carne o pesce, ma alla scelta di prodotti che nella loro produzione mettono l’ambiente al primo posto. E non è nemmeno un mero “mangiar sano”. Cosa mangiano dunque i climavore? Ecco alcune curiosità su questi consumatori.

Quali alimenti comprende la dieta dei climavore e climatariani

I consigli sugli alimenti da inserire in una dieta sostenibile sono stati forniti dagli ecoattivisti e artisti Daniel Fernández Pascual e Alon Schwabe, conosciuti anche come Cooking Sections. Il duo è fondatore del progetto Climavore, che indaga il rapporto tra il cibo e la crisi climatica. Il primo suggerimento è quello di integrare nella nostra dieta lenticchie, fagioli e ceci di produzione locale, coltivati senza l’uso di pesticidi e prodotti chimici.

Un’altra possibilità è quella di consumare alghe che forniscono ossigeno alle acque degli oceani anziché il pesce d’allevamento. Oppure, in alternativa a quest’ultimo o a quello pescato a strascico, una scelta più sostenibile sono le cozze allevate in treccia o le ostriche di allevamento. Andrebbero, inoltre, preferite le policulture, cioè quei sistemi in cui vengono coltivate più specie insieme, al fine di ridurre il rischio di malattie o parassiti.

Un altro consiglio è informarsi sulle mele e pere che crescono nel proprio territorio, che si sono adattate al clima e alle condizione di quella specifica zona.

Infine, i due attivisti sottolineano l’emergenza legata agli allevamenti bovini, il cui cibo che li nutre – la soia – viene usato principalmente per questo scopo (85% del totale prodotto). Una buona soluzione può essere quella di consumare questa proteina direttamente, anziché impiegarla in maniera esclusiva negli allevamenti.

Simili sono le posizioni di coloro che si definiscono climatariani, ovvero coloro che suggeriscono ad esempio di scegliere prodotti di produzione locale, che siano di stagione e biologici. Inoltre, secondo questa filosofia, bisognerebbe comprare ciò che permette di evitare inutili rifiuti o ancora coltivare il proprio cibo.

Come già sottolineato, i climatariani non escludono a priori il consumo di carne, ma optano per prodotti proveniente da animali allevati all’aperto, in una condizione di benessere per loro e per il rispetto per l’ambiente. Questa dieta infatti è pensata per coloro che vogliono ridurre l’impatto ambientale anche in cucina, ma che non vogliono rinunciare alla carne.

Dieta a favore del clima: trend del futuro?

Secondo un report della società di consulenza Kierney, su un campione di 1000 cittadini statunitensi, entro il 2030 la maggior parte delle persone manterrà uno stile di vita a basso impatto climatico anche nell’alimentazione, volontariamente o meno. Nella scelta di prodotti che rispettino tali principi, la percentuale è più alta negli acquisti fatti al supermercato (27%), mentre sembra essere meno una priorità negli ordini online (21%) o al ristorante (15%).

La speranza di un cambiamento in direzione di uno stile di vita più sostenibile è incoraggiata dalla crescente sensibilità dei consumatori e dalle azioni di aziende che sposano questi valori nella propria produzione. Seguire questi consigli, o anche solo una parte di essi, può essere un importante gesto per contribuire alla salvaguardia climatica. Il nostro benessere e quello del pianeta camminano fianco a fianco ed è ogni nostra scelta può influenzare, in maniera positiva o negativa, l’intero ecosistema.

Manuela Fichera

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