Oltre la metà dei giovani chef è fiduciosa per il futuro della ristorazione

Oltre la metà dei giovani chef è fiduciosa per il futuro della ristorazione

È quanto emerge dal “S.Pellegrino Young Chef Academy Monitor 2021”, il primo report dedicato alla comunità gastronomica internazionale

MILANO - Nonostante l’impatto negativo della pandemia, il 56% degli chef under 35 mostra ottimismo, ma conferma di avere la necessità di sviluppare nuove competenze per affrontare consapevolmente le future sfide di un settore che sta attraversando un momento di profondo cambiamento.  Spesso, però, l’accesso a corsi specializzati è ostacolato dal costo elevato di queste attività di formazione. È quanto emerge dal report “S.Pellegrino Young Chef Academy Monitor 2021”. L’indagine, realizzata da S.Pellegrino Young Chef Academy in collaborazione con Fine Dining Lovers,  ha coinvolto centinaia di chef in tutto il mondo: circa il 62% dei partecipanti al sondaggio sono giovani chef (il resto degli intervistati è un executive o un head chef) che lavorano nel settore, in media da oltre 8 anni, rispetto alla media di circa 22 anni di servizio dei senior chef.

Fiducia nel futuro

Più di tre quarti dei giovani chef , ancora attivi,  sono preoccupati di perdere il loro lavoro a causa della pandemia. Resta il fatto che, pur in tempi così incerti, i giovani chef si dimostrano ottimisti e resilienti. Sebbene poco più del 30% degli intervistati stia percependo il consueto salario, e il 22% risulti non occupato a causa dell’attuale crisi economica, oltre la metà (56%) dei giovani chef si dichiara fiducioso di trovare presto un nuovo lavoro. Più del 70% è sicuro che lavorerà nel settore negli anni a venire e circa il 60% spera di aprire un ristorante di proprietà in futuro.

L’importanza della formazione

Nonostante più del 64% dei giovani chef intervistati afferma di avere la necessità di sviluppare nuove competenze, il 54% partecipa raramente a programmi di formazione o non ne ha l’occasione. Questa condizione, secondo gli intervistati, è principalmente dovuta al fattore economico: per il 67% degli intervistati il costo delle attività di formazione è un elemento discriminante. Le principali aree in cui ci si vorrebbe specializzare riguardano l’aspetto finanziario di un ristorante, il business management, il marketing e la comunicazione. Prendendo in considerazione soltanto gli chef italiani, per un giovane su quattro nuove opportunità formative rappresentano la chiave per superare la crisi. Meno attenzione in questo momento è dedicata al tema dei nuovi modelli di business a cui solo il 13,2 % fa riferimento rispetto al 23% degli intervistati su scala internazionale. 

Il punto di svolta

Secondo il 47% degli chef intervistati la pandemia non ha fatto che accelerare situazioni già in atto da tempo come ad esempio lo sviluppo della coscienza ambientale e la necessità di introdurre pratiche sostenibili (circa il 52%) per soddisfare i desideri di un pubblico sempre più preparato ed esigente (45%). Innovativi modelli di business per la ristorazione (23%), maggiori opportunità formative (21%) e maggiori sussidi (19%) rappresentano i cambiamenti che gli intervistati vorrebbero maggiormente vedere svilupparsi dopo la pandemia. Entrambi i gruppi - young e senior chef - sono concordi sul fatto che i bisogni di apprendimento a lungo termine vadano continuamente alimentati e che i costi rappresentano spesso un ostacolo al processo di formazione.

 

Di Prisca Peroni

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