Sara Mancabelli, l’attivista che racconta la lotta agli sprechi

Sara Mancabelli, l’attivista che racconta la lotta agli sprechi

La co-fondatrice della Rete Zero Waste sui suoi profili social promuove uno stile di vita basato su sosteniblità e riciclo

MILANO – Attivista e cofondatrice della Rete Zero Waste, Sara Mancabelli racconta il suo stile di vita sostenibile attraverso un blog e il profilo Instagram. In un’ottica di economia circolare, in questa intervista ci spiega cosa vuol dire impegnarsi per ridurre i propri rifiuti, nell’ambito della moda, del cibo, della biocosmesi e dei piccoli gesti quotidiani.

Ciao Sara, parlaci un po’ di te e di com’è nata la tua passione per la sostenibilità. Che percorso hai fatto?

È argomento che mi ha da sempre interessata. Un po’ l'ho scoperto durante la triennale studiando Relazioni Internazionali: la mia tesi ha riguardato proprio la crisi climatica e la risposta politica che i paesi davano a livello internazionale. Quando ho iniziato la specialistica, ho scoperto il mondo della comunicazione e, grazie a uno dei corsi di studio, abbiamo creato un blog - quello che poi è diventato il canale che gestisco tutt’ora.

È un progetto personale attraverso cui faccio divulgazione raccontando il mio percorso di avvicinamento ad uno stile di vita diverso. Da studentessa fuorisede, infatti, mi sono trovata a dover fare autonomamente delle scelte: fare la spesa, scegliere il dentifricio o come vestirmi sono diventate così delle mie responsabilità.

Grazie a Instagram ho incontrato altre persone con le quali ho fondato poi la rete Zero Waste, un progetto collettivo con l’obiettivo di raccontare l’economia circolare e le pratiche quotidiane che possono essere messe in pratica, nel tentativo di raggruppare persone con interessi comuni. L’abbiamo lanciato in un momento in cui non si parlava tantissimo di zero waste in Italia; infatti, abbiamo iniziato traducendo degli articoli da altre lingue, per poi iniziare a creare contenuti anche nostri. Si è creata una bellissima community su Instagram di circa 30.000 persone che si scambiano consigli e animano gli eventi che realizziamo sul territorio. Abbiamo una ventina di gruppi locali, con i quali organizziamo degli swap party, dei clean up, degli eventi di cineforum o di discussione, cercando appunto di raggiungere più persone possibile.

Ci spieghi, a parole tue, cosa intendi con economia circolare? E con stile di vita più sostenibile? Il tuo è un approccio a 360 gradi?

Quando parlo di economia circolare mi riferisco a quello di cui parla anche l'Unione Europea, vale a dire cercare di rispettare le 5 R: rifiutare, ridurre, riusare, riciclare, ridurre in compost - insomma un consumo diverso ma una filiera diversa.

Quando parliamo della scelta del consumatore finale, ci dovrebbe essere un ragionamento un po’ più a monte: uno spazzolino in bambù prodotto dall'altra parte del mondo, e che magari ha anche provocato la deforestazione di un’area, magari non è così sostenibile. Forse a quel punto una scelta un po’ più sensata sarebbe lo spazzolino con la testina intercambiabile prodotto in Italia, magari in un materiale diverso anche se non in legno.

Un argomento che sento più vicino è la moda, cioè comprare usato, quindi fare economia circolare comprando vestiti che sono stati scartati da qualcun altro e riutilizzare così una risorsa. Cerco di far vedere che ci sono delle alternative a costi accessibili al fast fashion.

Nel tuo blog parli e dai consigli anche sui rimedi naturali e fai da te, così come biocosmesi. Ci faresti qualche esempio? Come hai imparato?

Il blog era nato per parlare in particolare di quegli argomenti. L'avvicinamento al mondo dello Zero Waste è partito dal mondo della cosmesi. È partito nel 2017 quando ancora se ne parlava poco, ora invece è definita EcoBio – anche se non esiste una definizione scientifica. Mi sono interessata di autoproduzione, ho seguito un po’ di corsi e ho cercato di capire cosa contengono i cosmetici che abbiamo sul corpo ogni giorno. È una cosa che porto avanti quotidianamente, anche se ne parlo meno sui canali social. Conosciute alcune basi di chimica, sono processi abbastanza semplici che si possono fare in casa anche senza fare grossi danni.

È stato difficile diventare una Zero Waster?

No, perché è stato tutto molto graduale: credo che la carta vincente per cercare di avvicinarsi ad uno stile di vita più attento sia proprio quella di cercare di fare quello che si riesce, quando si riesce, senza la frustrazione di avere il peso di salvare l’umanità sulle proprie spalle. Serve il buon senso, anche per gestire l’eco-ansia, che soprattutto nelle fasce più giovani di popolazione è fortissima. È vero che la responsabilità del cittadino è alta, ma servono interventi anche dall’alto. Ogni nostra scelta e acquisto è come se esprimessimo un voto: scegliere cosa comprare rappresenta il mondo che vogliamo.

E se qualcuno volesse fare parte della Rete Zero Waste?

Noi siamo organizzati attraverso gruppi Telegram: si può digitare rete Zero Waste - gruppi locali per trovare tutte le città in cui siamo presenti, così come sul sito. Una volta iscritti a questo gruppo, si è informati rispetto agli eventi che vengono periodicamente organizzati oppure se si vuole si può anche contribuire all’organizzazione. Un'altra cosa che può essere utile è che sul sito abbiamo una mappa attraverso cui segnaliamo una serie di realtà sostenibili, come negozi per acquistare alla spina, dell’usato, le stoviglioteche, dove si possono noleggiare, ad esempio, per gli eventi dei bicchieri di plastica dura in un’ottica di riutilizzo futuro.

Di Carola Bernardo

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