Ghiaccio secco all'origine dell'acqua su Marte

Ghiaccio secco all'origine dell'acqua su Marte

Lo studio pubblicato da Nature Geoscience secondo il quale le tracce di acqua su Marte sarebbero dovute allo sbrinamento di ghiaccio secco

MILANO – Uno studio pubblicato su Nature Geoscience propone una nuova versione sull’origine delle tracce d'acqua su Marte.

I ricercatori francesi Francois Forget e Cedric Pilorget dell’Istituto di astrofisica spaziale dell'Università di Parigi, sottolineano però che la loro ricerca non smentisce necessariamente quello della Nasa, in quanto hanno analizzato canaloni e tracce in aree diverse da quelle studiate dall’ente spaziale americano.

Lo studio

La ricerca è partita dall’osservazione della formazione di canaloni dove la temperatura marziana era troppo bassa perché l’acqua potesse fuoriuscire allo stato liquido, anche supponendo la presenza di sali (che abbassano la temperatura di congelamento).

I ricercatori allora hanno spostato l’attenzione su sottili strati di ghiaccio di anidride carbonica e hanno utilizzato dei modelli per verificare che cosa poteva succedere al ghiaccio secco se raggiungeva il punto di sublimazione ossia la temperatura in cui il solido diventa direttamente gas, senza passare dallo stato liquido.

L'elaborazione dei dati ha dimostrato che il ghiaccio secco si trasforma in un gas in grado di sfondare il suolo e produrre flussi di gas misti a detriti. Un fenomeno che sulla Terra non ha paragoni.

Ipotesi alternative

«La sublimazione del ghiaccio secco, tuttavia, non può essere responsabile di tutti i calanchi presenti su Marte, ma in ambienti particolarmente freddi, dove i canaloni si formano anche durante periodi invernali, la CO2 deve essere la causa principale nella loro formazione», ha commentato Pilorget.

L'ipotesi della Nasa non viene dunque smentita, ma quello che è importante sottolineare è il fatto che non tutti i calanchi marziani sono da imputare alla fuoriuscita di acqua salmastra, e che forse neppure il ghiaccio secco può spiegare il fenomeno nella sua interezza.

Come sostengono i ricercatori, «è infatti possibile che ci sia una terza e forse anche più spiegazioni per i canaloni marziani».

di Salvatore Galeone

22 marzo 2018

credits: fotolia

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