A Trento in mostra "Il gigante incatenato"

A Trento in mostra "Il gigante Incatenato"

La mostra "Il gigante incatenato" sarà al Muse di Trento per raccontare le conseguenze ambientali della costruzione di 39 mega-dighe lungo il Mekong

TRENTO – Il Muse, il museo delle Scienze di Trento ospita fino al 10 settembre la mostra fotografica “il gigante incatenato”.

Racconta del fiume Mekong, il più lungo dell’Asia, 4mila km di lunghezza, si snoda tra le gole del Tibet, tra i monti della Birmania e del Laos, tra le pianure di Thailandia e Cambogia, fino ad arrivare alle coste del Vietnam e nel mare Cinese Meridionale.

In lingua locale Mekong vuol dire “Madre delle acque” e rappresenta proprio la linfa vitale del Sud-Est asiatico. Perché incatenato?

Oggi gli Stati che attraversa stanno già innalzando o hanno in programma di innalzare 39 mega dighe, imponenti realizzazioni, che non sono state progettate in un’ottica di sostenibilità o conducendo indagini relative all’impatto ambientale.

Le conseguenze delle 39 mega-dighe

Venti scatti che testimoniano gli effetti della costruzione di questi 39 Ecomostri, lungo il corso del fiume e le conseguenze sulla natura, sulle persone e sulla sicurezza alimentare di un'intera regione.

Impianti che potrebbero frammentare gli ambienti naturali e avere impatti rilevanti in tutta la regione da un punto di vista ambientale e sociale.

Nelle acque del fiume vivono oltre 1000 specie di pesci, che integrano l'alimentazione di una popolazione di oltre 60 milioni di persone, che dal Mekong trae quindi sostegno.

Un eco-equilibrio tra i popoli dell'Indocina e il grande fiume, minato da questi impianti.

Le dighe dovrebbero essere costruite secondo criteri di sostenibilità e attraverso accordi internazionali per la gestione transfrontaliera delle acque.

Invece, le prime dighe realizzate, hanno pochi elementi di sostenibilità: nessun passaggio per i pesci, sistemi insufficienti per il flusso di elementi nutrienti, scarsa considerazione degli impatti sulle comunità rurali lungo le rive.  

La mostra è stata realizzata dai fotografi del collettivo Ruom, composto dal trentino Thomas Cristofoletti e Nicolas Axelrod, insieme a Emanuele Bompan, ideatore del progetto “Watergrabbing”, che come dice il nome, intende denunciare “l’accaparramento delle acque”.

L’oro blu del Pianeta

L’acqua è una di quelle risorse essenziali, ma purtroppo insufficienti in molti Paesi, è l’oro blu non solo nei Paesi con poche fonti naturali e precipitazioni.

Anche in Italia il tema dell’acqua merita grande attenzione, c’è infatti da avviare il piano nazionale di adattamento al clima.

Oggi, secondo i dati Istat, il 47% dell’acqua è usato nell’agricoltura, il 28% per usi civili, 18% nell’industria, 4% in energia e 2% in zootecnia e allevamento.

di Valentina Izzo 

24 luglio 2017

credits: Muse.it

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