Antonio Cianciullo, l'Italia deve fare un salto culturale sui temi dell'ambiente

Antonio Cianciullo, l'Italia deve fare un salto culturale sui temi dell'ambiente

Antonio Cianciullo, prestigiosa firma de La Repubblica, spiega in un'intervista qual è il sentire comune italiano sui temi della tutela dell'acqua e del rispetto dell'ambiente. La consapevolezza della preziosità della risorsa acqua è sentita ma è da vedere fino a che punto si trasforma in necessità di gestione lungimirante e attenta del bene...

Il prestigio internazionale dell’Italia è dettato dal bien vivre ma c’è ancora tanto da fare

MILANO – In un’intervista esclusiva Antonio Cianciullo, firma di punta de La Repubblica sui temi dell’ambiente e della sostenibilità, spiega quanta consapevolezza c’è nel nostro Paese nei confronti dell’acqua, in che modo il territorio può diventare emblema del made in Italy e qual è il livello di sostenibilità del ciclo produttivo del sistema italiano.

Consapevolezza sulla preziosità della risorsa acqua?

La consapevolezza c’è tanto che il movimento per l’acqua è stato parte importante nella vicenda dei due referendum che hanno strappato il quorum hanno dato molta spinta all’Italia. Questo fatto testimonia la presenza di una consapevolezza diffusa, anche se ci sono vari livelli di consapevolezza. Bisogna vedere poi fino a che punto la consapevolezza dell’importanza dell’acqua si trasforma anche in consapevolezza della necessità di una gestione attenta e lungimirante di questo bene.

Il nostro è un Paese ricco di sorgenti e fonti naturali: ritiene che questa ricchezza possa far passare l’idea che l’acqua è illimitatamente disponibile?

Su questo fatto è intervenuta l’Unione Europea, con una direttiva che entrerà in vigore nei prossimi anni, che impone la necessità di far tornare tutte le acque, di superfice e di profondità, a uno stato naturale. Da questo punto di vista noi siamo molto indietro perché abbiamo una certa quota di acqua che non rientra in questa condizione ottimale. Attorno a questo elemento, parlando di consapevolezza, non c’è sufficiente attenzione.

La valorizzazione e la tutela di fonti e parchi naturali potrebbero portare al nostro Paese benefici economici, sociali e occupazionali?

Certamente sì. La questione dell’acqua è fondamentale all’interno di una lettura del territorio, delle sue bellezze paesaggistiche, turistiche e anche di promozione di tutto il made in Italy. E’ stato più volte osservato che se c’è un prestigio internazionale dell’Italia questo è legato al made in Italy, cioè alla qualità del saper vivere italiano che a sua volta si collega anche alla possibilità di rilanciare il settore della green economy intesa in senso largo, cioè includendo non solo i settori tecnologici ma anche quella serie di attività racchiuse nel concetto del bien vivre. In tutto questo universo di sguardo al paesaggio in tutte le sue letture – territorio, ambiente, ecosistemi e quanto altro – l’acqua ha veramente un ruolo fondamentale.

Parliamo di rifiuti. Le ultime stime della Commissione Europea rivelano come dal riciclo della plastica possa derivare un risparmio di 72 miliardi di euro l’anno se solo i 27 Paesi seguissero e applicassero correttamente le normative comunitarie. Perché non vengono recepite?

Parlando di rifiuti e di plastica abbiamo in buona parte rifiuti urbani e rifiuti derivanti dal ciclo industriale. Per quanto riguarda i rifiuti urbani la situazione è abbastanza netta: abbiamo a livello nazionale una capacità di raccolta differenziata che è più o meno la metà di quella a cui siamo tenuti per legge con un forte differenziale tra le varie regioni. Ma questo non è tutto. Il problema più importante secondo me riguarda il tasso di riuso dei materiali raccolti. La raccolta differenziata non è un’attività finalizzata a far fare un viaggio turistico ai materiali di scarto. E’ un’attività che certamente risponde a una domanda di diminuzione dell’impatto ambientale dei rifiuti ma risponde anche a una domanda economica: alla possibilità cioè di riutilizzare dei materiali che sono ancora validi in determinati usi e per determinate attività.  Riutilizzare i vari materiali, tra cui la plastica, vuol dire conseguire dei risultati importanti in termini di riduzione dell’impatto ambientale e dei costi legati al ciclo della produzione. A questo però si arriva quando si imposta un sistema produttivo capace di guardare al momento della produzione con il famoso slogan “dalla culla alla culla”: l’uso dei materiali come qualcosa che torna nel ciclo della produzione con una dispersione il più possibile bassa. Questo è salto culturale, produttivo, di modello industriale su cui c’è una forte arretratezza del sistema italiano.

Parlando di sostenibilità, quali sono i settori che le aziende posso ottimizzare per migliorare il loro impatto sull’ambiente?

Io direi essenzialmente due macro-categorie: materiali ed energia. Se noi immaginiamo una politica industriale che è sempre più attenta a una diminuzione dei materiali e dell’energia per ottenere il singolo prodotto, di conseguenza abbiamo una cascata di benefici che include anche l’acqua. Acqua che potrebbe anche essere considerata come il terzo elemento: si parla di impronta di carbonio e anche di impronta idrica. Andare a rendere sempre più efficiente la produzione in questi tre settori comporta benefici in termini di impatto ambientale e anche evidenti vantaggi economici perché si va a risparmiare: risparmio di energia, di materiali e di acqua appunto. Queste sono considerazioni a cui si fa una certa fatica ad arrivare perché il senso comune immagina le risorse della natura come qualcosa che costa poco o come qualcosa che si deve ottenere sempre attraverso una aggressione progressiva delle risorse. C’è un modo di pensare vecchio che immagina la capacità di produzione direttamente connessa alla capacità di aggressione alle risorse della natura e questo è un processo illogico non solo dal punto di vista ambientale ma anche economico.

aggiornato il 4 marzo 2013